
“Nel corso degli anni il contadino ha avuto modo, grazie al grandissimo contributo che dà la terra, di scoprire il tartufo.” - Piercarlo Grimaldi e Gianfranco Molteni, Relazione per la candidatura Unesco dei saperi e pratiche culturali sul tartufo come patrimonio immateriale dell’umanità.
La coltivazione del tartufo è definita tartuficoltura, su cui recentemente si è investito anche con numerosi progetti di riqualificazione delle zone montane, collinari, abbandonate o non lavorate, garantendo così la conservazione di specie locali e il miglioramento ambientale.
Fino a qualche anno fa gli unici funghi ipogei conosciuti in Sardegna, precisamente nelle zone come il Campidano di Oristano, l’Arburese, l’Iglesiente, la Piana di Chilivani e nelle coste Nord-Ovest del Sassarese, erano i tartufi delle sabbie o Terfezie.

Laconi è considerata la patria del tartufo sardo, con la nascita nel 2017 dell’Associazione Tartufai della Sardegna intestata a Paolo Fantini e, successivamente, grazie l’aggregazione di soci di tutta la Regione si è verificata una crescita maggiore della conoscenza del prodotto e della ricerca su tutto il territorio regionale.
Lo scopo dell’associazione è quello di approfondire la conoscenza e la distribuzione delle specie ipogee e della valorizzazione di questi prodotti.
La crescente curiosità verso il prodotto tartuficolo porta un numero sempre maggiore di appassionati, giovani e meno giovani, ad approfondire la pratica della raccolta e della coltivazione del tartufo.
Troviamo principalmente tre tipi di tartufaia:
Naturale: i tartufi crescono spontaneamente, senza nessun tipo di intervento se non quello dell’uomo per raccoglierli.
Controllata: si intende una tartufaia naturale “migliorata”, su fondi interessati da operazioni di miglioria ambientale, di incremento boschivo e con la messa a dimora di piante tartufigene. In questo caso, l’uomo deve limitarsi alla salvaguardia ed al miglioramento delle produttività della tartufaia.
Coltivata: con questo termine ci si riferisce a quelle in cui le piante “micorizzate” vengono impiantate, e quindi realizzate “ex novo” in ambienti adatti, evitando il danneggiamento delle tartufaie naturali.

Alcuni fattori fondamentali per il successo di una tartufaia sono:
● le caratteristiche del suolo
● la scelta delle piante da tartufo
● il metodo di impianto
● l’irrigazione e la manutenzione della tartufaia
Quale tipo di terreno è adatto per i tartufi?
La maggior parte dei tartufi crescono in terreni calcarei con un ph leggermente alcalino. I terreni devono essere drenanti e poco argillosi; anche le condizioni climatiche sono molto importanti per lo sviluppo di una tartufaia, infatti, generalmente il clima adatto è quello temperato – caldo.
L’umidità del terreno, il tipo di suolo e l’altitudine sono dei fattori che influiscono nella crescita di questi funghi ipogei.
In Sardegna, il tartufo è un prodotto commerciale “nuovo” dato che la raccolta si è diffusa da una quindicina d’anni e solo in tartufaie naturali. Il Progetto TASTOS mira alla realizzazione di una filiera del tartufo coltivato in Sardegna attraverso l’introduzione di protocolli, innovazioni di sistema e di prodotto per il miglioramento della competitività delle aziende e nel rispetto della sostenibilità ambientale.
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